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Uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Computational Economics and Econometrics dall’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ircres) ha individuato le principali motivazioni che promuovono o ostacolano la mobilità dei dottori di ricerca in Scienze sociali e umane.

Dallo studio, finanziato dalla Commissione Europea all’interno del Settimo programma quadro, emerge che la mobilità internazionale durante la carriera lavorativa è particolarmente influenzata dalle scelte fatte durante l'ultima fase universitaria e nel periodo tra il conseguimento del dottorato e la prima assunzione, fattori che influenzano anche la propensione dei ricercatori a continuare a lavorare all’estero o a tornare nel paese d’origine.

Sono soprattutto i fattori economici a influire: l’investimento del paese d’origine in ricerca e sviluppo è tra i principali fattori che spingono i ricercatori al rientro, mentre la presenza di due o più figli ostacola mobilità e carriera.

Secondo i dati analizzati, solo l’1.3% dei ricercatori in Scienze sociali e umane stranieri sceglie l’Italia per il conseguimento del dottorato, a fronte di percentuali nettamente maggiori registrate in Germania (11%), Regno Unito (7.5%) e Francia (7%), paesi che emergono come mete preferite anche dagli italiani che decidono di trasferirsi dopo il dottorato e che rimangono all’estero: il 12% resta in Inghilterra, il 10% in Germania, il 5.5% in Francia. In questi Paesi si rileva, inoltre, una maggiore stabilità contrattuale rispetto all’Italia: solo il 18% dei Ddr in queste discipline in Italia ha un contratto permanente, contro il 65% in Francia, il 63% in Gran Bretagna, il 40% in Germania.

Area
Unione Europea