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L’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) ha presentato i risultati della seconda Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR), realizzata analizzando la produzione scientifica degli atenei italiani negli anni compresi tra il 2011 e il 2014.

La valutazione effettuata dall’ANVUR è durata 18 mesi e ha coinvolto 450 esperti italiani e stranieri, coadiuvati da 14.000 revisori, tra professori e ricercatori. Il lavoro ha analizzato oltre 118.000 lavori realizzati da circa 65.000 tra professori e ricercatori impiegati in 132 strutture tra università, enti di ricerca e consorzi interuniversitari.

Il principale indicatore della qualità della ricerca utilizzato nella VQR è IRAS1, un valore compreso tra 0 e 1 che esprime il rapporto tra la somma dei punteggi ottenuti dalla singola università in un’area scientifica e la somma dei punteggi di tutte le università valutate nella stessa area scientifica. Questo indicatore dipende sia dalla qualità che dalla quantità delle pubblicazioni sottoposte alla valutazione da parte di ciascuna università.

Dai risultati emerge una netta diminuzione delle differenze di qualità tra università. A quattro anni di distanza dal primo lavoro di valutazione, le università appaiono più vicine, in termini di qualità della ricerca, rispetto al passato. In particolare, gli atenei del Sud e delle Isole hanno ridotto lo svantaggio rispetto a quelle del resto del Paese. “Si vede con chiarezza che l’esistenza stessa della VQR, quindi il sapere a priori che il lavoro di ricerca sarà valutato, ha orientato l’azione delle università: rispetto alla prima VQR, conclusa nel 2013 che considerava i lavori scientifici realizzati nel periodo 2004-2010, c’è una convergenza”, ha dichiarato Andrea Graziosi, presidente ANVUR.

 “La prima Valutazione aveva fotografato la ricerca universitaria dopo un periodo di oltre vent’anni senza un sistema di valutazione comune, con il risultato che ogni ateneo aveva seguito regole proprie e il sistema si era mosso in ordine sparso, con profonde differenze. Oggi, invece, vediamo che le differenze tra atenei si riducono e tutto ci fa pensare che la qualità media del lavoro delle università si sia innalzata. Si può, dunque, ipotizzare che gli esercizi di valutazione abbiano raggiunto uno degli obiettivi che si erano prefissati: favorire una convergenza verso uno standard comune e più elevato della qualità della ricerca”, ha continuato Graziosi.

I risultati della VQR saranno utilizzati per ripartire tra le università la parte premiale - del valore di 1,4 miliardi - del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) per il 2016, stanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR).