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Oltre 500 persone da tutta Italia hanno partecipato il 12 marzo 2019 all’evento organizzato dall’Università degli Studi di Ferrara, in stretta collaborazione con APRE, Aster e Regione Emilia-Romagna, dedicato al prossimo programma quadro dell’Unione Europea sui temi della ricerca e dell’innovazione.

Tra i presenti non solo docenti e ricercatori, ma anche aziende e grandi gruppi industriali, organizzazioni governative, tutti interessati a conoscere le novità della nuova programmazione europea in corso di definizione in questi mesi.

Più finanziamenti (100 miliardi di euro), più impatto e più contatto con i cittadini: queste sono le richieste per Horizon Europe, il prossimo programma quadro 2021-2027, un programma che intende “creare ricchezza con la conoscenza” come è stato ribadito sia da Renzo Tomellini, Capo Ricerca e Innovazione della Commissione Europea, che da Patrizio Bianchi, Assessore della Regione Emilia-Romagna. Per aumentare l’impatto di questi programmi di ricerca sono state introdotte le “missioni”, con l’obiettivo di finanziare progetti su aree di particolare rilevanza sociale come il cancro, la riduzione dell’impatto della CO2, le acque e la salute del suolo.

Fabio Donato, della Rappresentanza Italiana presso l’UE e docente Unife, ha spiegato come l’Italia sta lavorando al negoziato per chiudere l’accordo su Horizon Europe: “L’Italia è fortemente presente e ha avuto un ruolo molto incisivo, sia nella parte tecnica che in quella politico-istituzionale e in tutte le sedi il nostro Paese era presente e ha espresso posizioni forti. È una attività di avvicinamento tra Bruxelles e l’Italia, fatto in sinergia con tutti gli enti di ricerca italiani, che sono attivi e presenti, contribuendo a influenzare il dibattito: si sta facendo sistema e si stanno portando le istanze in modo condiviso al Consiglio Europeo, per la tutela degli interessi italiani in una logica di lungo termine, per il rafforzamento del posizionamento italiano. L’Italia in questo momento è un interlocutore forte e riconosciuto, è capace di esprimere visione perché ha radici profonde nell’Europa”.

Francesco Profumo, Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo: “La missione è una modalità di rappresentazione di un portafoglio di progetti, sono grandi sfide da affrontare per la vita dei cittadini. Il punto è quello di misurare l’impatto, attraverso la definizione degli indicatori. L’Unione Europea ha avuto in questi anni un problema di comunicazione, che doveva andare di là degli obiettivi istituzionali, ed essere capace di “scaldare i cuori” dei nostri cittadini. Dobbiamo essere noi capaci in questo, cambiando il nostro approccio”.

Nicoletta Amodio di Confindustria: “È evidente che è importante rendere la ricerca più vicina ai cittadini, comunicandola in modo efficace ma senza banalizzare. Si stanno identificando temi strategici, che possono avere ricadute. Non bisogna avere paura della nuova impostazione del programma di ricerca, ma esserne partecipi; le missioni servono a focalizzare meglio gli obiettivi. La differenza tra la programmazione europea passata e quella futura è quella di passare ad una logica partecipata, lavorare insieme per proporre e definire il nuovo programma quadro. Dobbiamo cogliere l’opportunità che c’è dietro l’esigenza di passare alle missioni, richiesta dalla Commissione Europea, è in un’ottica di miglioramento a cui tutti dobbiamo collaborare. Stiamo lavorando per aiutare le imprese a costruire partenariati industriali rafforzando le filiere”.

Luciano Catani del MIUR, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica: “Dobbiamo cercare di identificare le priorità nazionale sui cui investire come Paese, come ad esempio i rischi di calamità naturali che sono un tema che ci preoccupa costantemente. Anche il Piano Nazionale della Ricerca può aderire all’approccio delle missioni se vediamo che è una modalità efficace”.

La mattinata è proseguita con una tavola rotonda, coordinata dal Direttore di Aster Marina Silverii, dal titolo “Atenei, enti di ricerca e Regione insieme in Europa per una reale innovazione” che ha visto dialogare le Università di Bologna, Modena e Reggio Emilia, Parma e il CNR.

L’Assessore Bianchi ha concluso sottolineando l’importanza dell’approccio di sistema che la Regione Emilia-Romagna sta sostenendo da tempo grazie anche alla presenza a Bruxelles e al lavoro congiunto di tutti gli attori attivi sul tema ricerca e innovazione.

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